In una delle riunioni del “Circolo di Futuro”, che si sta occupando dei contenuti del Manifesto “Riabitare la Sardegna”, le sollecitazioni degli ospiti ci hanno portato a confrontarci su una priorità: superare l’ignoranza.

Ignoranza intesa, in senso strettamente letterale, come la condizione nella quale si trovano coloro che ignorano: una Comunità o un Popolo che vede compromesso il percorso di sviluppo, prima di tutto, per assenza di conoscenza.

Allora, giustamente, molte riflessioni si sono rivolte alla necessità di una profonda azione di sostegno alle nuove generazioni, al sistema della istruzione, della formazione, dell’Università.

Ma una riflessione più penetrante di altre ha fatto notare a tutti che, l’ignoranza, potrebbe non essere esattamente il freno allo sviluppo che intendiamo rimuovere per primo.

Una battuta acida, ma felice, fa notare che l’ignoranza non è neanche citata tra i vizi capitali dal Sommo Poeta, che, invece, si impegna, tra le altre, su accidia e invidia.

Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza.

Dante Alighieri, Ravenna,1321 D.C.

Allora, una domanda:

“Ma non è che il male atavico della nostra Isola non è l’ignoranza in sé, ma piuttosto l’avversione all’operare, mista a indifferenza e pigrizia, miscelata con il dispiacere e l’astio provato in relazione a un bene? O è una qualità posseduta da un altro e non da noi, sino ad avere un risentimento tale da desiderare il male di colui che ha quel bene o qualità?”

Una riflessione cruda che impegna tanti ad annuire anche se silenti.

Ritardo e Futuro

Sarebbe come dire che la condizione di sottosviluppo, di continua riverenza e richiesta di assistenza della Comunità Sarda (in senso lato), affonda le sue radici non tanto nell’ignoranza, quanto nella massificante e devastante miscela di accidia e invidia.

Sarebbe come dire che un Popolo ha nel tempo rinunciato ad esercitare ciò che più contraddistingue l’essere umano, cioè la capacità di scelta e di azione, sacrificando con ciò quello che più lo nobilita: l’amore e il desiderio di fare bene.

Atonia dell’anima

La parola accidia viene dal greco “akedìa” che propriamente significa “negligenza”, termine che riassume tutti i possibili risvolti negativi di un determinato atteggiamento intellettuale e morale: disinteresse, indifferenza, trascuratezza, indolenza, pigrizia, ecc.

Nell’antica Grecia gli accidiosi passerebbero per “idioti”, individui che vivono distaccati dalla Comunità, che non hanno il senso della societas. Un’inerzia spirituale accompagnata da incredulità e scetticismo.

Alcuni l’hanno definita come  il “peccato del silenzio”: silenzio interiore e silenzio diffuso che occulta il male e perciò lo rende possibile e gli consente di radicarsi.

Riabitare la Speranza

No. Non crediamo che le nostre Comunità abbiano smarrito la via. Perché Vivere significa partecipare. E, nei nostri Paesi, questo è proprio quello che facciamo, partecipiamo.

C’è uno scritto dal titolo emblematico, pubblicato agli inizi del secolo scorso sulla rivista La città futura. Pensiamo che l’indifferenza sia la causa del male, alimentata non già dall’ignoranza, ma da un mix di accidia ed invidia tali da inibire la voglia di riscatto ed emancipazione, che invece anima i più.

L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il novatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che recinge la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scora e qualche volta li fa desistere dall’impresa eroica. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera…Odio gli indifferenti anche per ciò che mi dà noia il loro piagnisteo di eterni innocenti.

Ispirare, sostenere, diffondere

Grazie ai partecipanti, a tutti i generosi contributi di pensiero regalatici.

La riflessione è stata intensa come l’attendevamo.

Il pensiero corre quindi a cosa, quali piccoli e umili mortali, possiamo realizzare per onorare e gratificare questo passaggio Presente.

Ci soccorre la lettura di massime che, sempre con molta riverenza, riscriviamo con pudore.

La felicità non consiste in passatempi e divertimenti, ma in attività virtuose.

L’intelligenza non consiste soltanto nella conoscenza, ma anche nella capacità di applicare la conoscenza alla pratica.

Aristotele, Calcide, 322 A.C.

“…E nel condividerla per un interesse e favore collettivo…”

aggiungiamo Noi, umili ignoranti molto, molto motivati a capire, sognare, fare.

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