6 minuti, vi chiedo pazienza

Oggi è un giorno normale. Come tanti altri giorni normali.

Oggi è un altro giorno di paradiso naturale – la Sardegna – sotto attacco e scacco da parte di tanti che quel paradiso non vedono, non capiscono, non conoscono e, soprattutto, non rispettano.

Anche oggi ci troviamo a dialogare con chi ci chiede “We have to move to a village in Sardinia. You can help us? la risposta è “si, vi possiamo aiutare”. Ma la realtà è che il nostro sistema non è pronto ad accogliere con la giusta garanzia di accesso a servizi, all’informazione ed alla relazione, le persone che ieri, non domani, prenderebbero casa e proprietà in Sardegna. Sardi per scelta, così li chiamiamo.

La verità è che non stiamo dando una risposta sistemica ad un fenomeno in corso (non solo in Sardegna) di mobilità residenziale dal nord al sud del mondo.

Paradise is all around us and we do not understand.
Thomas Merton

Oggi è il giorno nel quale la dialettica e la propaganda elettorale lasciano lo spazio alle valutazioni, alle speranze, alla critica ed ai rimpianti. Per noi è il giorno della ripresa delle attività, del dialogo, della proposta.

Come sempre, abbiamo taciuto sui temi elettorali lasciando a ciascuno di maturare convincimenti e di determinarsi nel voto, nel non voto, nell’ impegno o nel disimpegno. Rispettiamo, anche se talvolta non capiamo.

Da oggi, come sempre, riprendiamo a chiedere ancora e con più forza, di credere e, soprattutto, di fare. Chiediamo un impegno passionale, fuori dall’ordinario. Corredato dei colori dei nostri Territori e del Sogno. Per quello che la Sardegna potrebbe essere e ancora non è.

Chiediamo un impegno che viaggia nel quotidiano, nelle relazioni sociali e di lavoro, vive della forza delle idee e delle iniziative di Comunità.

Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.
Antonio Gramsci

Coscienza collettiva

C’è da indignarci per l’assalto eolico-solare e c’è da mobilitarsi per respingere le speculazioni. Vero. Non crediamo si possa avere dubbi che la transizione verde ed energetica va regolata per le Comunità e non contro le Comunità.

Ma c’è soprattutto da prendere coscienza che la Sardegna di oggi non è “figlia di nessuno”. È figlia nostra, indistinguibile. C’è da prendere coscienza che il degrado culturale, la fuga dei giovani ed il fallimento delle politiche di sviluppo regionali, non sono generate da un castigo divino, dal fato o dalla maledizione di Tutankhamon. Dobbiamo considerare che le difficoltà dei Comuni non sono date da impedimenti tecnologici o da deficit di informazioni. Neanche da deficit di denaro.

Abbiamo da recuperare memoria e da comprendere come superare gap ricorrenti, strutturali e infrastrutturali. Abbiamo da superare la cultura dei pagliativi e delle sagre, la nuova droga collettiva. Ognuno di noi può fare una analisi retrospettiva per trovare quanto avrebbe potuto dire e fare e non ha fatto. Anche per ravvederci e, magari, per farlo oggi.

Di notte, quando sono a letto, nel buio della mia camera, sento due occhi che mi fissano, mi scrutano, mi interrogano, sono gli occhi della mia coscienza.
Antonio de Curtis, in arte Totò

Allora è chiaro che costruire una presa di coscienza di cosa non funziona nel nostro sistema di Comunità, aiuta a individuare soluzioni e percorsi condivisi per realizzarli. Che vanno ben oltre e sono ben di più del voto col quale ci liberiamo la coscienza e abdichiamo all’impegno quotidiano, al civismo ed all’azione sociale.

Tradizione e progresso

La storia insegna che interi Popoli sono scomparsi o sottomessi sotto l’incedere del “progresso”. La realtà contemporanea ci porta esempi ed evidenze che non leggiamo appieno. Ci dice che il regno del mondo occidentale più tradizionalista e radicato nel passato, nella essenza stessa dell’impero coloniale e commerciale che ha gestito, è anche quello che oggi più di tutti vive di finanza, di commerci, di innovazioni e affari globali… mentre cura le tradizioni ed il thè delle 17.00.

Altri contesti nazionali stanno affermando che una forte realtà territoriale, capace di elaborare il proprio posizionamento nel sistema globalizzato, hanno da crescere e prosperare.

Allora il messaggio (per non parlare di insegnamento) che possiamo cogliere è che ci si può relazionare con il mondo anche senza perdere la propria identità. Anzi, avendo chiara la natura dello stare insieme, l’essenza stessa della permanenza terrena in questo luogo e non in altri. A patto che questa identità non sia mero folclore. A condizione che la alimentiamo, la pratichiamo, la tuteliamo.

Crediamo che proprio questo è il fondamento primo delle pratiche indispensabili per affrontare, come Comunità evoluta, le sfide del progresso e della modernità.

Bisogna dare il nome corretto ai fenomeni degli ultimi decenni. La cultura dei villaggi turistici, dello straniero che porta denaro e che a bordo spiaggia o a bordo vasca, nelle giornate nuvolose, viene deliziato da porceddu e da balli sardi, è una non cultura che ci sta pian piano annichilendo.

La cultura del lavoro estrattivo (di risorse, di competenze, di futuro) portato dai prenditori stranieri ha fatto decine di anni di disastri e decine di migliaia di disoccupati e cassintegrati. Decine di migliaia di emigrati.

C’è da studiare e da lavorare, per costruire percorsi e regole che governino processi complessi, di livello internazionale, di dimensioni anche sovranazionali. I protagonisti della cd globalizzazione e transizione sono per definizionepoco sensibili alle “piccoleesigenze territoriali.

C’è da legiferare, per arginare speculazioni da un lato ma anche, se non soprattutto, per indirizzare dall’altro la nostra strategia di sviluppo sostenibile.

Ma c’è di più.

Visione integrata

Abbiamo da dire che è importante concepire Paesi floridi per generare Città sicure e ricche. Che è necessario concepire e realizzare un modello di sviluppo che non abbia il turismo per massa come asset fondamentale. È la residenza, anche temporanea, la prima leva di sviluppo dell’Isola. Sono da occupare stabilmente le 330.000 case vuote. Sono da recuperare cubature e interi Paesi prima di consumare ancora territorio.

Non è vero che la Sardegna vive di turismo ne tantomeno è vero che possa arrivare a farlo. Il turismo è un asset importante, ma è uno degli asset. Può prosperare se capiamo e governiamo i cambiamenti in corso. La vita nei Paesi, la residenzialità diffusa, i servizi per la permanenza e l’ospitalità diffusa sono il futuro.

Lo sviluppo sociale ed economico, che è cosa diversa dalla crescita del pil di pochi, passa per i servizi e la qualità dell’ospitalità. Passa per i contenuti culturali e distintivi. Passa per l’identità perduta che, forse, abbiamo bisogno di ritrovare o almeno di rigenerare.

Abbiamo da distinguere identità da folclore. Oltre ai viaggi delle tradizioni abbiamo da far viaggiare e, soprattutto, da far tornare in nostri giovani che si sono impegnati nella dimensione competitiva di studio e lavoro anche internazionale.

La Sardegna ha da recuperare la visione integrata dei sistemi produttivi territoriali, del sistema di consumo interno, del sistema dei servizi funzionali alla residenza.

La Sardegna ha da distinguersi in uno scenario internazionale, perché può farlo e perché è indispensabile farlo. Ha da esprimere i motivi della sua attrattività e del suo enorme potenziale.

 Allora il tema vero è quello di decidere, una volta per tutte, di superare il folclore, l’improvvisazione a la stagionalità di azione e di pensiero. Superiamo la miopia e il vittimismo. L’unico vero slogan da usare per parlare di Sardegna dovrebbe essere Sardegna da Abitare.

Perché no?

Vivere e lavorare in Sardegna è il desiderio di centinaia di migliaia di persone. Perché non stiamo lavorando per soddisfarlo e non agevoliamo il recupero di edifici e servizi nei centri storici?

L’Italia e le aziende italiche hanno da realizzare il sistema digitale. Così come facciamo la giusta battaglia per la colonizzazione energetica, perché non abbiamo comitati per l’assenza di fibra 1 giga nei Paesi?

Perché non superiamo la cultura del vincolo e dell’impedimento che ostacola la vivibilità della parte storica dei Paesi e premiamo i Comuni che hanno il coraggio di acquisire e abbattere ruderi e pericolosi e dannosi per il recupero dei centri storici?

Perché si parla solo e sempre di cubature nelle coste e per gli alberghi? Perché non si parla del riordino fondiario indispensabile per recuperare la linea degli orti e dei frutteti attorno ai Paesi? Perché nelle mense scolastiche non si mangia la produzione locale? Perché citiamo la Toscana o la Provenza? Solo per dire che siamo incapaci a fare? Chi o cosa ce lo impedisce?

Amare ogni giorno

Abbiamo tanti sardi per nascita e per scelta pronti a spendere competenze, esperienze ed a costruire intraprese. Dobbiamo agevolare il rientro e la permanenza, anche in termini fiscali e di sostegno alla formazione, alla specializzazione ed all’esercizio di mestieri in Sardegna.

Apriamoci alla sana pratica del cambiamento, della transizione e della convinta operatività della visione 2030. Così che ogni fine giornata possiamo ritrovarci arricchiti di conoscenza, di capacità di relazione, di informazioni, di evidenze chiare delle gigantesche possibilità di sviluppo dei Territori.

Io sono dell’opinione che la mia vita appartenga alla comunità, e fintanto che vivo è un mio privilegio fare per essa tutto quello che mi è possibile.
George Bernard Shaw

Allora è chiaro che anche oggi è un giorno speciale. Per l’ennesima volta, nell’ennesima Comunità, relazionandoci non solo tra Sardi ma con Chi ha scelto di essere Sardo, guardiamo attorno a noi e vediamo che non tutto è perduto.

Perché quanto accadrà nei giorni a venire sarà figlio di quanto, con coraggio, si sta facendo oggi. Abbiamo la grande responsabilità di affiancare e sostenere Sindaci e Amministratori nelle difficili e faticoso incedere verso il Futuro.

È nei Paesi e nel territorio, luoghi di Comunità, che si deve costruire la nuova identità affinché l’idea diventi forza. Allora, si, il pensiero diventa azione ed il Futuro diventa Possibile.

377 Paesi, una idea di Sardegna.

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