Occhi negli occhi e mani nelle mani, così ho guardato mio padre mentre tentava di rispondere a quella che per me era la più intrigante delle domande “cosa sarà domani?” A quella domanda se ne aggiunsero, crescendo, altre, molto più atroci, che sono andate a chiedere il perché di una partenza, di una perdita, della mancanza. A quelle domande, parte della nostra adolescenza, se ne aggiungono oggi molte altre. Ci interroghiamo sul perché del degrado, dell’abbandono, della decadenza di un intero sistema e di una Comunità.

Il futuro inizia quando inizi ad immaginarlo”. Così, in maniera tanto semplice quanto profonda, Tziu Giuanne, un vecchio allevatore protagonista della mia infanzia rural-estiva, commentò i miei piccoli grandi tormenti davanti al grande albero, mentre sorseggiava lento un bicchiere che per lui racchiudeva la sintesi del vissuto di quella giornata.

Ho capito pienamente quella frase dopo decenni. Nella scuola di management, quel pensiero viene incasellato nella categoria delle idee preliminari che si trasformano poi in studi di prefattibilità. Nella metodologia dell’agile, costituisce il primo ingaggio della fase di perimetrazione del campo d’esame. 

Altre frasi di quella sapienza costruita sulla fatica, di quelle mani e di quei volti segnati da solchi profondi quanto i sentimenti che ancora oggi mi legano a loro, riemergono, oggi, forti come lo spirito.

Ajo, commo chi semmus pasande, regollimos pedra”. Era la buona pratica di liberare dalle pietre il luogo di pascolo, creando piccole collinette di basalto accatastato. Noi ragazzetti non gioivamo per la decisione, ma vedere quelle piccole montagnette di pietra che prendevano forma mi riempiva comunque di soddisfazione.

Oggi nella Baita di Lei, in piena montagna del Marghine, ci siamo trovati per parlare di Futuro. Tanta gente, tutte le generazioni presenti. Avremmo potuto farlo in una sala riunioni, in città. Ci siamo trovati invece tra terra e cielo, in un bosco secolare, convinti che è da questi luoghi che possiamo guardare al Domani.

Ciascuno dei presenti ha rinunciato a qualcosa pur di esserci. In luogo delle faccende personali, del riposo, del bar, ha preferito venire “a regollere pedra”… Si, perché questo è quello che succede negli incontri di Comunità. Si ascolta, si racconta, si insegna e si impara. Stiamo dissodando il terreno perché la crescita trovi spazio.

Il Cavallo, i Cavalieri, la Comunità. Abbiamo ascoltato gli operatori, quelli che il futuro hanno iniziato a realizzarlo. Abbiamo capito cose fondamentali e pratiche accadute contro gli interessi collettivi (11 proposte di legge in 13 anni non sono andate a buon fine), abbiamo definito percorsi possibili. Perché tutti i presenti hanno capito che il Cavallo, oltre che parte delle nostre Comunità, è una delle risorse sulle quali costruire un modello di sviluppo sociale ed economico diverso, moderno e sostenibile.

Prossimi passi verso le attività 2023, con una relazione forte tra Marghine e Goceano che si cimenterà sul Fare.

Tra fatica e speranza, è evidente che quando il sogno è individuale, resta sogno. Quando il sogno è collettivo, diventa Futuro.

A chent’annos cun salude.

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