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Nell’era della proclamazione di guerre sante, di radicalizzazione ed estremismi di dimensioni planetarie, abbiamo pensato di riflettere sul nostro rapporto con la Comunità, con la Terra, quindi con la spiritualità laica e l’ultraterreno, in qualunque forma e disciplina esso venga rappresentato.

Abbiamo pensato di iniziare a riflettere su ciò che identifica noi, l’essere Sardi, l’essere Contemporanei. Abbiamo iniziato a condividere che la pseudo identità, fatta di “mare, di sagre, di costumi e balli (per i visi pallidi che vengono a visitare le riserve indiane isolane)” non ci appartiene, perché sta drogando la capacità intellettiva e sta distruggendo il futuro collettivo.

In questo momento siamo feriti come può essere ferito chi assiste, impotente, a tanta ferocia e tanta disgrazia negli scenari internazionali. Rifuggiamo dalla guerra dei mondi e pensiamo che quella guerra e quei mondi potrebbero sopraffare anche il nostro perimetro di paradiso.

Siamo però determinati nel sognare, credere e fare, nel lavorare per realizzare una idea di “futuro possibile”, a partire dalle nostre Comunità.

Guida le nostre considerazioni un approccio laico e (fintamente) basico alla Vita, un approccio di impegno e di identificazione nel Presente, un approccio di Comunità costruita sul Mos Maiorum.

Molte letture, di diversa provenienza e matrice, accomunate da un fondamento comune, ci hanno ispirato. Alcune riferite proprio a ciò che chiamiamo tempo.

Un fatto è ora limpido e chiaro: né futuro, né passato esistono. E’ inesatto dire che i tempi sono tre: presente, passato e futuro. Forse sarebbe meglio dire che i tempi sono tre: il presente del passato, il presente del futuro e il presente del presente. Queste tre specie di tempi esistono in qualche modo nell’animo e non vedo altrove, il presente circa il passato costituendo la memoria, il presente circa il presente l’intuizione, e il presente circa il futuro l’attesa.

S. Agostino, Le Confessioni XI

Ecco, chiara, l’affermazione che il tempo esiste solo nel presente.

Quando questo (il tempo presente) scivola nel trascorso entra nella dimensione della memoria, e con ciò nella natura narrativa che è spesso (sempre) costruita dai vincitori. Guai ai vinti.

Quando il tempo presente, viceversa, è impegnato a immaginare e sperare, ad attendere, spesso ad attendere elemosine e benevolenze, viene declinato come futuro; anche questo è in larga misura scritto dai vincitori. Anche in questo caso, guai ai vinti.

Il tempo presente ci chiama per essere “presenti” e “protagonisti” oggi. Altrimenti si è vinti.

Allora è chiaro che nel presente risiede la possibilità di generare pensiero ed azione capace di far(ci) scrivere, oggi, le condizioni del presente di domani. È chiaro che per non essere vinti bisogna agire ora, bisogna credere e soprattutto bisogna fare. L’identità e la continuità di futuro si costruisce nel fare.

Ci appare per questo più chiaro il fatto che anche la nostra manifestazione di esistenza presente in Vita, passa per la quantità e qualità di contenuti che generiamo, condividiamo, realizziamo, in una logica di adesione alla natura che ci qualifica come esseri umani. 

La vita è una creazione, non una scoperta. Non vivi per scoprire che cosa ti porta di nuovo ogni giorno, bensì per crearlo.

Neale Donald Walsch Conversations With God

Questo fare diventa patrimonio collettivo nella condivisione della idea di futuro possibile.

Ignorante, in senso letterale e specifico di ignaro, illetterato, incolto, espressione di coloro che ignorano, cioè non sanno che non sanno o sanno male ciò che dovrebbero sapere.

Ignoranti quem portum petat nullus suus ventus est”.
Trad. “Nessun vento è favorevole per il marinaio che non sa a quale porto vuol approdare”

Seneca, Lettere a Lucilio, lettera 71

Ignorare l’esistenza di un’altra via, di altre opportunità, di grandi possibilità, compromette la possibilità di realizzare un diverso momento presente e, quindi, di futuro.

È per questo, quindi, che dobbiamo chiamare al fare ogni risorsa, presente nell’Isola o che dall’Isola è dovuta andare altrove per realizzarsi (se non per sopravvivere), per dire che il “buio” dell’ignoranza non ha paura delle armi, ha paura dei nostri pensieri. Educati ad avere speranza , dobbiamo educarci ad avere fiducia prima di tutto in noi stessi.

In tante epoche e in diversi continenti, la differenza è stata generata da una Comunità che crede e che opera. In Sardegna è la Comunità che crede e realizza il cambiamento.

Tutti siamo tenuti ad agire. Nessuno può esimersi dall’azione. Anche il pensiero è azione.

Ci sentiamo grati per i contenuti ricevuti, che ci hanno aiutato in una progressiva emancipazione, come Individui e come Comunità, accomunati da una idea di Futuro e dalla ricerca della Sostenibilità, prima ancora che dall’appartenenza a clan e dogmi.

Su questa base, Riabitare la Sardegna ha superato limiti fisici e territoriali, arrivando a dialogare con la Comunità estesa che condivide che nel Fare, nel Crescere, nell’Investire, nella Fiducia e nella Sostenibilità sta la prospettiva di oggi e di domani.

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